Protestano ristoratori: #ioapro ‘Attenti alla disperazione’.
“Non rispettare la legge è la cosa più semplice ma che porta meno risultati, va bene per chi vuole; strumentalizzare la disperazione della categoria, disperazione che capiamo benissimo e condividiamo”.
Così Robeto Calugi, direttore generale di Fipe Confcommercio commenta con l’ANSA l’annunciata protesta dei ristoratori di stasera.
“Con proteste eclatanti non si risolvono problemi importanti ma servono proposte concrete”.
Così il direttore di Fipe Confcommercio, Roberto Calugi, annunciando che lunedi nell’incontro delle associazioni di settore con il ministro Patuanelli; presenteremo “un piano per la ripartenza”.
Si tratta, spiega di “un documento condiviso con Confesercenti nel quale chiederemo di intervenire seriamente sul tema degli affitti; sui ristori che devono essere calcolati su base annuale; sul problema della liquidità : proposte concrete, operative e tecniche con una dignità normativa che possono trovare immediato accoglimento nel dl Ristori 5.
E chiederemo anche di essere certi che alla voce turismo il Recovery comprenda tutto il settore dei pubblici esercizi, della ristorazione e dell’intrattenimento”.
“Sicuramente comprendiamo il disagio della categoria perchè siamo tutti operatori ma le cose si cambiano rispettando la legge: non è infrangendola che si ottengono risultati”.
“Lunedì vedremo il ministro Patuanelli e chiederemo 3 cose: un cronoprogramma preciso per le riaperture, ristori consistenti e veloci e una riduzione dei costi strutturali, anche dopo almeno per un periodo: in particolare per abbassare un po’il costo del lavoro, sotto il profilo contributivo”.
FOGGIA– Si accomoderanno ai tavolini di un ristorante per dimostrare come, rispettando tutte le misure anti contagio da Covid, si può rimanere aperti al pubblico anche nelle ore serali fino alle 22.
E’ il flashmob organizzato nel pomeriggio a Foggia da parte di 50 titolari di bar, ristoranti e pizzerie della città che hanno costituito la Arb-Associazione ristoratori e baristi, dopo le proteste del 7 dicembre scorso contro il passaggio di 20 comuni pugliesi da zona gialla a zona arancione per una ordinanza del governatore Michele Emiliano.
Ci accomoderemo simbolicamente ai tavolini, non ci sarà somministrazione ma dimostreremo come, garantendo il distanziamento e tutte le norme anti-contagio, possiamo lavorare anche di sera. Il nostro obiettivo è quello di poter rimanere aperti tutelando in ogni forma la salute pubblica”.
MILANO- La protesta dei ristoratori italiani arriva anche al Don Lisander di Milano, storico ristorante nella centralissima via Manzoni aperto dal 1947.
“Io apro” si legge in un cartello esposto all’entrata dell’esercizio, ma per oggi è un’apertura simbolica con luci accese, tavoli preparati, ma cucina chiusa, mentre invece da domani il locale sarà aperto ai clienti a pranzo e a cena e si registrano già delle prenotazioni.
La richiesta del ristoratore è quella di capire il motivo per cui “alcune categorie devono essere massacrate e considerate responsabili di una pandemia, quando poi vengono create delle sacche di privilegio che possono continuare a percepire lo stipendio”.
Da domani, dunque, il Don Lisander sarà aperto: “Ho aderito con piacere all’iniziativa “io apro”.
È arrivato il momento di far vedere che l’intero settore dell’ospitalità deve essere preso in considerazione in maniera corretta.
Non siamo il settore da penalizzare per arginare il virus, perché i fatti smentiscono le decisioni prese dal governo”, ha continuato Marazzato. “Aprendo posso garantire un compenso ai miei dipendenti e anche ai fornitori. Bloccare il settore dell’ospitalità significa fermare un quarto del Pil italiano”.
Al proprietario del Don Lisander si sono uniti anche Monica Brioschi e Marco Fuzier, del ristorante Boeucc: “Noi non apriamo perché la nostra struttura è molto grande ed è una spesa impegnativa, ma appoggiamo Stefano al 100%” hanno raccontato.
“Siamo vincolati alla nostra clientela che è molto business e con lo smart working il parco utenti è diminuito dell’80%: è difficile fare numeri così. Andiamo in appoggio dei colleghi e vedremo cosa accadrà’.
TORINO- “Noi restiamo chiusi, è poco ma sicuro”. I proprietari di un bar di piazza Savoia, a Torino, non hanno nessuna intenzione di aderire alla protesta ‘Io resto aperto’ lanciata a livello nazionale in vista del nuovo Dpcm che decreta il divieto d’asporto dalle 18 per i locali che non fanno cucina. Un tam tam che è scattato attraverso i social ma che sotto la Mole non convince, come confermano i locali di via Garibaldi.
Sei mesi fa tra i ristoratori c’era rabbia, ora il sentimento è di attesa e rassegnazione: “Arrabbiarsi e imprecare è un lusso che non posso permettermi più”, spiega il titolare di un noto ristorante-pizzeria di via Verdi, in pieno centro dove il proprietario ha deciso di servire solo pizze e non fare più cucina.
“Vista la situazione siamo stati costretti a prendere questa decisione e a ridurre il personale a malincuore; ma troppe decisioni che cambiano mentre noi dobbiamo ancora risollevarci dal primo lockdown”.
Chi protesta contro il Dpcm, come ad esempio le Mascherine Tricolori; tramite i social invita i ristoratori che aderiscono a ‘Io resto aperto’ a segnalare l’indirizzo del locale per chi vuole consumare disobbedendo.
Anche a Vanchiglia, dove spesso i ristoratori hanno fatto sentire la voce del loro dissenso, confermano che non resteranno aperti: “Sceglieremo altre forme di protesta che non vadano a peggiorare la nostra già precaria situazione”.
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